L’unione fa la forza, ma noi avvocati sembriamo non comprenderlo. Mentre Internet impone sempre più il concetto del networking, gran parte degli avvocati rimangono chiusi nel loro orticello, nella vana speranza (perchè di certezza non ve ne è più) che tutto rimanga come sempre.
Ma i tempi cambiano, e anche velocemente. Chi ha basato il proprio business sull’infortunistica stradale, ad esempio, oggi è costretto a cercare nuovi mercati per mantenere la redditività dello studio legale.
Dunque occorrono nuove strategie. La cooperazione è ad esempio un elemento chiave per poter rimanere sul mercato, sia per conseguire maggiori ricavi, sia per ridurre le spese. Oggi voglio parlare di quest’ultime.
Dicono che siamo circa 180.000. Bene. Immaginate che di questi 180.000, diecimila si presentino ad una software house dicendo: “Salve, siamo diecimila avvocati disposti ad acquistare un software per essere in regola con la privacy. Ti diamo 200.000 euro se ce lo realizzi”. Secondo voi è difficile trovare qualcuno disposto a realizzarlo per quella cifra? Io dico di no e ciascuno di noi avrebbe speso la somma di 20 euro.
Gli esempi possono continuare. Prendiamo la carta. Supponiamo di “recarci” in mille da un venditore dicendogli di voler sottoscrivere un impegno ad acquistare la normale carta che utilizziamo per stampare i nostri atti. Pensate che riusciremmo a strappare un prezzo al di sotto di quello che stiamo pagando attualmente? Io dico di sì.
D’altra parte non sto inventando nulla. I gruppi di acquisto esistono da molto tempo, soprattutto nel commercio equo solidale. Le convenzioni stipulate dalla Cassa Forense rappresentano poca cosa in confronto alle potenzialità di un gruppo d’acquisto forense. Il loro punto debole è dato dal fatto che non c’è un impegno ad acquistare. Immaginate cosa accadrebbe se tutti e 160.000 ci impegnassimo ad acquistare un piano telefonico da un operatore di telefonia mobile. Si inginocchierebbero pur di vendere in blocco 160.000 abbonamenti.
Pensiamoci.

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