Ricorso per accertamento della legittimità del licenziamento

Avatar photo

Tizio veniva licenziato per giustificato motivo soggettivo con preavviso di giorni 7. Durante questo periodo Tizio faceva pervenire un certificato medico di giorni 30. L’azienda contestava a Tizio la simulazione della malattia e dopi i cinque giorni di rito gli intimava il licenziamento per giusta causa.

Tizio impugnava il licenziamento chiedendo alla DTL la costituzione del collegio di conciliazione e arbitrato.

Al fine di evitare la costituzione del suddetto collegio, la datrice di lavoro ha promosso una azione di accertamento entro il termine di giorni 10 dalla comunicazione della DTL di nomina del proprio rappresentante.

TRIBUNALE CIVILE DI ANCONA

SEZIONE LAVORO

Ricorso in materia di licenziamento per giusta causa

Il sottoscritto Avv. Mirco Minardi, codice fiscale MNRMRC69T06A271W, indirizzo pec:  ……………….con studio in Senigallia, Via Armellini n. 14, in qualità di procuratore e difensore della ALPHA 90 S.r.l., Part. Iva …………….., corrente in …………….., Via della ……………………., elettivamente domiciliata presso il proprio studio legale sito in Senigallia, Via Armellini 14, rilasciata dal legale rappresentante pro tempore Sig. ………………, giusta delega posta a margine del presente atto

RICORRE CONTRO

TIZIO TIZI, residente in …………………………………,

I

PREMESSA

  1. Con contratto stipulato in data 16/10/2007, la società ricorrente assumeva alle proprie dipendenze il lavoratore TIZIO TIZI, nato in ……………… il ……………, con la qualifica di operaio rifinitore, con  inquadramento al livello F del CCNL Lapidei Industria.[1]
  2. Durante il rapporto di lavoro, al sig. TIZIO venivano contestate numerose violazioni disciplinari. In particolare:

–          con missiva del 23/10/2008 gli veniva irrogata una multa per avere timbrato in anticipo il cartellino[2];

–          con missiva del 28/10/2008 gli veniva irrogata una multa per non avere timbrato correttamente il cartellino[3];

–          con missiva del 20/11/2008 gli veniva irrogata una multa per avere tagliato in maniera non corretta le “alzatine”[4];

–          con missiva del 20/11/2008 gli veniva irrogata una multa per errato taglio di una alzatina[5];

–          con missiva del 20/07/2010 gli veniva irrogata una multa per aver effettuato un errore sulla lavorazione di un piano per il cliente ……………. Arredamenti in data 16/06/2010[6];

–          con missiva del 22/07/2010 gli veniva irrogata una multa per aver danneggiato i cavi di corrente attaccati alla macchina fresa in data 25/06/2010[7];

–          con missiva del 03/06/2011 gli veniva contestato l’abbandono ingiustificato dal lavoro il giorno 30/05/2011[8];

–          con tre missive del 19/04/2013 gli veniva contestato: che in data 5/4/2013, alle ore 17,20 si era allontanato dal suo posto di lavoro senza alcun giustificato motivo, lasciando incompiuto l’incarico che gli era stato assegnato[9]; che in data 17/04/2013, in riferimento alla lavorazione per il cliente …………….. spa, rif. 1013019489, in Extra White, non rispettava le disposizioni impartite dal responsabile di reparto, sig. ……………….., che gli aveva chiesto di realizzare un particolare listello e che allo stesso aveva risposto in maniera non rispettosa, dicendo che doveva fare il lavoro da solo[10]; che in data 17/04/2013, in riferimento alla lavorazione per il cliente ……………… spa, rif. 1013028588, in Otello, aveva risposto in maniera non rispettosa, al responsabile di reparto, sig. ……………….. e che lo aveva allontanato spostandolo con un braccio, non eseguendo le disposizioni impartite[11];

3. con riferimento alle ultime tre contestazioni, il lavoratore si rifiutava di riceverle e pertanto la dipendente dell’ALPHA 90, X. Nicoletta, alla presenza delle dipendenti Y. Morena e Y. Isabella, redigeva una dichiarazione con la quale dava atto della tentata consegna delle tre contestazioni (anche se erroneamente scriveva “due”[12

4. con missiva del 26/04/2013 al lavoratore veniva contestato il fatto che il giorno 08/04/2013 aveva fatto pervenire un certificato medico di infortunio sul lavoro con prognosi dal giorno 5/4/2013 al 12/04/2013, infortunio che sarebbe avvenuto il giorno 03/04/2013; che di tale infortunio non aveva avvisato nessuno e che in realtà lo stesso aveva lavorato quel giorno e i giorni successivi regolarmente[13]. Anche tale lettera di contestazione non veniva accettata dal dipendente, per tale motivo la sig.ra X. NICOLETTA redigeva una dichiarazione avente data 26/04/2013[14].

5. In assenza di difese o di richieste di essere sentito, con lettera del 07/05/2013 (recapitata il 10/05/2013), il dipendente veniva pertanto licenziato per giustificato motivo soggettivo con preavviso di giorni sette[15].

6. Con missiva del 10/05/2013, la CGIL di ……………….., in nome e per conto del lavoratore, eccepiva la nullità del licenziamento posto che – a suo dire – le contestazioni non erano mai state portate a conoscenza dello stesso[16].

7. Con missiva del 16/05/2013 ALPHA 90, per mero spirito collaborativo, inviava le lettere di contestazione al sindacato con le dichiarazioni di tentata consegna, rilevando che secondo la giurisprudenza della Cassazione la contestazione, stante il rifiuto del lavoratore, doveva ritenersi regolarmente eseguita[17]

8. Con missiva avente ad oggetto “Impugnazione licenziamento”, senza data, spedita il 24/05/2013, la CGIL di ………………… eccepiva la nullità delle contestazioni in quanto prive delle sottoscrizione del lavoratore, essendo – sempre a suo dire – irrilevante la dichiarazione testimoniale del rifiuto di ricevere la lettera da parte dell’impiegata dell’ALPHA 90[18].

9. Dopo essersi rivolto al sindacato, il sig. TIZIO faceva pervenire un certificato medico con una prognosi di giorni 30 dal giorno 13 maggio, data da cui dichiarava di essersi ammalato, e dunque cinque giorni prima dell’efficacia del licenziamento[19].

10. Il certificato medico veniva portato direttamente dal sig. TIZIO in azienda il giorno 13/05/2013. In quella occasione il TIZIO si mostrava molto adirato per avere ricevuto il licenziamento. Alle impiegate riferiva che siccome l’azienda gli aveva dato un preavviso di sette giorni, lui non poteva essere licenziato, in quanto era andato in malattia perché aveva “mal di testa”.

11. La datrice di lavoro, ritenendo che il TIZIO stesse simulando la malattia al fine di ritardare l’efficacia del licenziamento, in data 15/05/2013 gli contestava la simulazione con espressa menzione dei motivi[20]. In particolare, si evidenziava che:

(a) appariva strano che questo “mal di testa” si fosse formato nonostante il lavoratore venisse da un periodo abbastanza prolungato di ferie (esattamente dal 22/04/2013[21] e quindi 21 giorni);

(b) il “mal di testa”, come è noto, è una malattia tipicamente soggettiva, che non è accertabile attraverso strumentazioni, pertanto il medico non aveva potuto che prendere atto delle sue dichiarazioni;

(c) non si comprendeva poi come un “mal di testa” potesse ricevere una prognosi di un mese;

(d) appariva una strana coincidenza il fatto che questa “malattia” si fosse manifestata proprio durante il preavviso di licenziamento;

(e) il giorno 13/5 alle impiegate il lavoratore aveva riferito di essere a conoscenza che durante il preavviso di licenziamento la malattia sospende la sua efficacia. In particolare aveva detto “siccome sono in malattia voi adesso non mi potete licenziare”. Trattandosi di informazioni di carattere giuridico che esulano dalle conoscenze del normale cittadino, ciò significava che lo stesso si era andato ad informare su quali circostanze potevano rimandare l’interruzione del rapporto di lavoro;

(f) alle impiegate, con le quali era rimasto circa 10 minuti, il TIZIO non era affatto apparso come “malato” (anzi gravemente malato visto che aveva una prognosi di un mese), ma semplicemente adirato per il licenziamento. Gli si faceva notare, inoltre, che già nel recente passato e precisamente in data 08/04/2013 egli aveva fatto pervenire un certificato relativo ad un infortunio che sarebbe avvenuto il 03/04/2013, ma con prognosi dal 05/04/2013 al 12/04/2013 (e dunque assai stranamente con decorrenza successiva al presunto infortunio stesso), ma che di questo infortunio egli non aveva mai avvisato alcun collega, né lo aveva riferito alla direzione.

12. Con altra missiva senza data spedita il 24/05/2013, ed avete ad oggetto “Risposta alla contestazione del 15/05/2013”, la GGIL di ……………… replicava che il lavoratore, a fronte del certificato medico, non era tenuto a giustificare nulla (sic!)[22]. Il Sindacato evidenziava che il certificato era stato recapitato “entro i termini previsti dalla normativa e che questo ricade nel periodo di preavviso”, invitando l’azienda a segnalare eventualmente l’accaduto alla Procura della repubblica.

13. Dette missive erano riscontrate dall’ALPHA con raccomandata del 27/05/2013, (ricevuta dal TIZIO il 31/05/2013) con la quale si replicava alle obiezioni sollevate dal Sindacato e al contempo si intimava il licenziamento per giusta causa[23].

14. Con lettera del 13/06/2013 il TIZIO impugnava il licenziamento per giusta causa intimato con missiva del 27/05/2013, offrendo la propria prestazione lavorativa[24].

15. Con contestuale missiva del 13/06/2103, lo stesso Sindacato chiedeva alla DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO la costituzione di un Collegio di Conciliazione ed Arbitrato[25].

16. La DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO con missiva del 26/06/2013, ricevuta il 26/06/2013 invitava ALPHA 90 a nominare il proprio rappresentante[26].
Con email certificata del 03/07/2013 ALPHA 90 comunicava alla DPL che avrebbe tutelato i propri diritti innanzi al Tribunale competente[27].

Tanto premesso in fatto si osserva in

II

DIRITTO

II.1 Sulla inapplicabilità dell’art. 7, commi 6 e 7, dello Statuto dei lavoratori.

Va anzitutto chiarito che secondo la giurisprudenza pacifica della Cassazione, l’art. 7 (commi 6 e 7), nella parte in cui prevede la possibilità su richiesta del lavoratore di devolvere la lite al “Collegio di conciliazione e arbitrato”, non si applica ai licenziamenti per giusta causa:

Anche dopo l’estensione al licenziamento disciplinare delle garanzie procedimentali previste dall’art. 7 l. 20 maggio 1970 n. 300 – disposta dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 1982 – al suddetto licenziamento non è applicabile la disciplina prevista dal comma 7 del citato art. 7 per l’ipotesi di mancata adesione del datore di lavoro all’iniziativa del lavoratore di adire un collegio di conciliazione e arbitrato”, Cassazione civile, sez. lav., 11/06/2004, n. 11141.

D’altra parte, anche il CCNL del settore (“Industria dei materiali lapidei”), richiama l’art. 7 dello S.L. solo in relazione “alle procedure in materia di provvedimenti” (art. 35-36) e “in materia di contestazione delle mancanze” (art. 37), mentre mai richiama l’art. 7 nella parte in cui la disposizione prevede la possibilità per il lavoratore di chiedere la formazione di un collegio di conciliazione e arbitrato[28].

In ogni caso, per scrupolo difensivo, ALPHA 90 ha attivato il presente procedimento entro il termine di giorni 10 dal ricevimento della raccomandata da parte della DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO[29], proprio al fine di rendere certa la competenza del giudice ordinario (si veda la giurisprudenza riportata in nota[30]).

La società ricorrente ha comunque interesse ad agire nel domandare l’accertamento della non applicabilità dell’art. 7 commi 6 e 7, in quanto gli stessi prevedono la sospensione della efficacia della sanzione fino all’esito del giudizio.

 

II. 2 Sulla legittimità del licenziamento per giusta causa.

ALPHA 90 ha intimato al lavoratore il licenziamento per giusta causa, ritenendo che lo stesso abbia simulato una malattia al fine di sottrarsi al primo provvedimento espulsivo.

Sulla questione appare anzitutto interessante riportare quanto un autorevole giurista, Pietro Ichino, ha scritto nella sua fondamentale opera “Il contratto di lavoro”:

(Estratto da Pietro Ichino, Il contratto di lavoro, vol. III, Milano, Giuffré, 2003, pp. 98-103)

Secondo l’orientamento giurisprudenziale oggi prevalente, il datore di lavoro può contestare in giudizio la sussistenza della malattia del lavoratore, o la sua inidoneità a giustificare l’astensione dal lavoro, anche senza che sia stato chiesto l’intervento del servizio ispettivo dell’Inps o del Servizio Sanitario Nazionale (articolo 5 Statuto lavoratori), oppure anche quando il controllo ispettivo si sia concluso con un referto positivo: l’evidenza o il sospetto dell’inesistenza dell’infermità può trarsi, infatti, anche da una inattendibilità intrinseca della certificazione fornita dal lavoratore, oppure da circostanze diverse da un accertamento sanitario, delle quali il datore di lavoro sia venuto a conoscenza legittimamente. D’altra parte, la giurisprudenza è del tutto consolidata nel senso che il certificato del medico curante e il referto del servizio ispettivo sono pienamente sindacabili da parte del giudice del lavoro: entrambi i documenti, infatti, non contengono l’accertamento obbiettivo di un fatto, ma soltanto una valutazione di ordine medico-legale, come tale non assistita da una presunzione di veridicità, senza necessità di querela di falso contro i rispettivi estensori, neppure quando essi abbiano operato in qualità di pubblici ufficiali (Cassazione 5 maggio 2000 n. 5622).

Un tipico motivo di legittimo sospetto può essere costituito dalla coincidenza dell’inizio della malattia con l’apertura di un procedimento disciplinare a carico del lavoratore, oppure con la comunicazione del licenziamento o del trasferimento, con il diniego di un permesso da lui richiesto, o con l’insorgere di una controversia.

Una causa — assai rilevante sul piano pratico — di inattendibilità intrinseca della certificazione medica fornita dal lavoratore può essere costituita dall’incongruenza tra la diagnosi e la prognosi del medico curante; così, ad esempio, una banale influenza o bronchite non giustifica una prognosi di trenta giorni: il medico corretto non può in un caso del genere formulare una prognosi superiore alla settimana o dieci giorni, salvo complicazioni.

L’incongruenza può inoltre manifestarsi tra diagnosi o prognosi e accertamenti diagnostici disposti dal medico: ad esempio, la prescrizione di trenta giorni di riposo e cure per lombosciatalgia non è credibile, se il medico non accerta mediante radiografia o altri esami strumentali un’ernia del disco o altra causa organica del disturbo denunciato dal lavoratore che induca a prevederne una durata così lunga; e quando risulti che tali accertamenti diagnostici non siano stati disposti è doveroso dedurne che il medico stesso non abbia ritenuto in realtà sussistere una siffatta causa organica e che la prognosi corretta dovesse essere tutt’al più di qualche giorno di impedimento al lavoro, salvo proroga.

Un’incongruenza può infine risultare fra la diagnosi o la prognosi e la terapia prescritta ed effettivamente praticata dal lavoratore: ad esempio, una «sindrome ansioso-depressiva» non può essere di gravità tale da costituire legittimo impedimento al lavoro per mesi, senza che il medico prescriva terapie farmacologiche adeguate e/o ricovero del paziente; se dunque la malattia è stata di fatto curata soltanto con l’assunzione quotidiana di una pillola di ansiolitico, oppure con il trasferimento del lavoratore in una stazione balneare, è legittimo dedurne che l’astensione dal lavoro sia ingiustificata.

A sostegno dell’inattendibilità del certificato del medico curante e/o del referto del servizio ispettivo può trarsi argomento anche dalla tardività della visita medica rispetto all’inizio della malattia, oppure da risultanze non sanitarie, quali quelle relative al comportamento del lavoratore durante il periodo di malattia, la cui conoscenza può essere acquisita dal datore di lavoro anche mediante indagini svolte da lui stesso direttamente o da persone da lui incaricate, nel rispetto dei limiti a cui è assoggettata qualsiasi indagine privata sulla vita e i comportamenti altrui. Così, ad esempio, non può ritenersi impedito allo svolgimento di normali mansioni d’ufficio per bronchite, influenza, o lombalgia, un lavoratore che durante la pretesa malattia partecipa a una battuta di caccia (per un caso di questo genere v. Pretura di Latina 28 febbraio 1974), oppure lavora presso altra azienda (Cassazione, 3 maggio 2001 n. 6236), o comunque svolge attività faticosa che evidenzia il suo stato di buona salute (Pretura di Torino 19 gennaio 1989); ne´ una lavoratrice che nello stesso periodo si prostituisce di notte sulla pubblica via (è il caso deciso da Pretura di Milano 26 giugno 1989).

La legge oggi non obbliga il lavoratore a comunicare al datore la diagnosi, ovvero la natura dell’impedimento, né tanto meno le terapie praticate per curarsi. Ma il datore ben può averne acquisito legittimamente la conoscenza; e può comunque avere maturato sulla base di altri elementi e circostanze il giustificato sospetto o la convinzione circa l’inesistenza dell’impedimento. Deve considerarsi in tal caso legittima, anche sulla base del solo sospetto indotto dalle circostanze e senza che sia stato esperito il controllo previsto dall’art. 5 St. lav., la contestazione al lavoratore dell’assenza come mancanza disciplinare, alla quale il lavoratore ha l’onere di rispondere fornendo tutte le informazioni e i documenti utili a provare la sussistenza e la gravità della malattia. Quando il lavoratore non adempia questo onere in sede di procedimento disciplinare, il datore di lavoro convinto del carattere abusivo dell’assenza ben può adottare il provvedimento disciplinare adeguato, in relazione alla durata dell’assenza stessa, affrontando il rischio della verifica giudiziale che può seguirne; in tal caso il lavoratore non può eccepire in giudizio il proprio diritto alla riservatezza per trincerarsi dietro i certificati medici esibiti, ma deve fornire l’indicazione della diagnosi, e la prova degli accertamenti eseguiti in funzione di essa e delle terapie prescritte dal medico ed effettivamente praticate (Cassazione 27 luglio 1994 n. 6982).

Il comportamento del lavoratore che, simulando la malattia, trae in inganno il proprio medico inducendolo a certificare una infermità inesistente o più grave del reale è stato qualificato come falso ideologico in certificato, ex artt. 48 e 480 cod. pen. (Cassazione penale 10 giugno 1999 n. 7468).

Come chiaramente esposto dall’insigne giurista, in materia vigono i seguenti principi:

  1. Il datore di lavoro può contestare in giudizio la sussistenza della malattia del lavoratore, o la sua inidoneità a giustificare l’astensione dal lavoro, anche senza che sia stato chiesto l’intervento del servizio ispettivo dell’Inps o del Servizio Sanitario Nazionale (articolo 5 Statuto lavoratori), oppure anche quando il controllo ispettivo si sia concluso con un referto positivo;
  2. l’evidenza o il sospetto dell’inesistenza dell’infermità può trarsi, infatti, anche da una inattendibilità intrinseca della certificazione fornita dal lavoratore, oppure da circostanze diverse da un accertamento sanitario, delle quali il datore di lavoro sia venuto a conoscenza legittimamente;
  3. la giurisprudenza è del tutto consolidata nel senso che il certificato del medico curante e il referto del servizio ispettivo sono pienamente sindacabili da parte del giudice del lavoro, perché i suddetti documenti medici non contengono l’accertamento obbiettivo di un fatto, ma soltanto una valutazione di ordine medico-legale, come tale non assistita da una presunzione di veridicità, senza necessità di querela di falso contro i rispettivi estensori, neppure quando essi abbiano operato in qualità di pubblici ufficiali (Cassazione 5 maggio 2000 n. 5622);
  4. “Il controllo delle assenze del lavoratore per infermità previsto dall’art. 5 della l. 20 maggio 1970 n. 300, da un lato, non costituisce l’unico mezzo concesso al datore di lavoro per contestare l’attendibilità del certificato medico prodotto dal lavoratore, poiché questo, come ogni altro documento, non si sottrae alla valutazione del giudice del merito, e dall’altro lato, pur quando sia stato esperito con esito favorevole per il dipendente, dà luogo ad un risultato che rimane contestabile in giudizio – in quanto fondato su valutazioni di tipo tecnico, rispetto alle quali non è invocabile la particolare efficacia probatoria degli atti formati da organi pubblici e si afferma soltanto la garanzia di imparzialità dell’operato di questi -, con la conseguenza che ben può il giudice, in presenza di tale contestazione controllare l’attendibilità degli accertamenti eseguiti, avvalendosi dei poteri istruttori attribuitigli, dalla legge, ivi compreso quello di disporre consulenza tecnica, la cui riferibilità non è preclusa dal miglioramento o dalla guarigione del lavoratore, nel frattempo intervenuta”, Cassazione civile, sez. lav., 13/02/1990, n. 1044;
  5. la giurisprudenza ha altresì ripetutamente affermato che “Nè l’ampio potere di indagine del giudice del merito, che legittimamente si esprime anche con la nomina di consulenti tecnici di ufficio, trova limite nel fatto che al momento dell’indagine sia sopravvenuta una miglioria o la guarigione, giacché, a parte la possibilità di attuali riscontri obiettivi, il giudizio tecnico, ben può essere fondato su altri elementi di convincimento, già legittimamente acquisiti al processo e ricercati dall’ausiliario nei limiti dei poteri conferitigli e con le garanzie imposte a tutela delle parti” (cfr. Cass. 1044/1990; Cass. 4 maggio 1984, n. 2713);
  6. un tipico motivo di legittimo sospetto può essere costituito dalla coincidenza dell’inizio della malattia con l’apertura di un procedimento disciplinare a carico del lavoratore;
  7. una causa — assai rilevante sul piano pratico — di inattendibilità intrinseca della certificazione medica fornita dal lavoratore può essere costituita dall’incongruenza tra la diagnosi e la prognosi del medico curante;
  8. in caso di giudizio volto all’accertamento della simulazione, il lavoratore non può eccepire in giudizio il proprio diritto alla riservatezza per trincerarsi dietro i certificati medici esibiti, ma deve fornire l’indicazione della diagnosi, e la prova degli accertamenti eseguiti in funzione di essa e delle terapie prescritte dal medico ed effettivamente praticate (Cassazione 27 luglio 1994 n. 6982);
  9. il comportamento del lavoratore che, simulando la malattia, trae in inganno il proprio medico inducendolo a certificare una infermità inesistente o più grave del reale è stato qualificato come falso ideologico in certificato, ex artt. 48 e 480 cod. pen. (Cassazione penale 10 giugno 1999 n. 7468).

Nel caso di specie la datrice di lavoro dispone di numerosi indizi che portano a ritenere inesistente lo stato di malattia o quanto meno la sua reale gravità. Detti indizi, in grado di fondare la presunzione de qua, sono stati già indicati nella lettera di contestazione datata 15/05/2013, e sono già stati riportati nella parte narrativa del presente ricorso al punto n. 11.

In buona sostanza: appare quanto mai (A) inverosimile che questo “mal di testa” si sia formato nonostante il lavoratore venisse da un periodo abbastanza prolungato di ferie (esattamente dal 22/04/2013 al 10/05/2013; l’11 e il 12 maggio erano poi un sabato e una domenica e dunque giorni non lavorativi); (B) il “mal di testa”, come è noto, è una malattia tipicamente “soggettiva”, che non è accertabile attraverso strumentazioni, pertanto il medico non ha potuto che prendere atto delle sue dichiarazioni; (C) non si comprende poi come un “mal di testa” potesse ricevere una prognosi di un mese; (D) è una singolare coincidenza il fatto che questa grave “malattia” si sia manifestata proprio durante il preavviso di licenziamento; (E) il giorno 13/5 alle impiegate il lavoratore ha riferito di essere a conoscenza che durante il preavviso di licenziamento la malattia sospende la sua efficacia. In particolare aveva detto “siccome sono in malattia voi adesso non mi potete licenziare”. Trattandosi di informazioni di carattere giuridico che esulano dalle conoscenze del normale cittadino, per di più straniero, ciò significa che lo stesso si era andato ad informare su quali circostanze potevano rimandare l’interruzione del rapporto di lavoro; (F) alle impiegate, con le quali era rimasto circa 10 minuti, il TIZIO non è affatto apparso come “malato” (anzi gravemente malato visto che aveva una prognosi di un mese), ma semplicemente molto risentito per il licenziamento.

Di certo la “grave malattia” di cui sarebbe affetto il TIZIO non gli ha impedito di recarsi presso la CGIL per sottoscrivere tutte le missive da questa predisposte e soprattutto di offrire la propria prestazione lavorativa sin dal 13/06/2013, quando ancora era in malattia (v. lettera del 13/06/2013). Da ciò si ricava che nonostante la seria prognosi di un mese, il TIZIO è poi guarito prima del tempo.

Va osservato che il lavoratore, pur potendo (e dovendo) difendersi, ha preferito “trincerarsi” dietro il certificato medico, che però, come abbiamo visto, non rappresenta affatto un documento incontestabile. In questa sede, pertanto, il lavoratore dovrà provare di essere realmente malato e non avere simulato il suo stato al fine di sottrarsi al licenziamento.

Ovviamente, laddove fosse (come si ritiene sarà) confermata la simulazione della malattia, la gravità della infrazione sarà in re ipsa, posto che il comportamento costituisce grave violazione del contratto di lavoro, altera irrimediabilmente il rapporto fiduciario e rappresenta addirittura una fattispecie penale.

 

II.3 Sulla legittimità del licenziamento per giustificato motivo.

Nella non creduta ipotesi che non sia accertata la legittimità del licenziamento per giusta causa, il Tribunale dovrà accertare la legittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Preliminarmente, va però da subito evidenziata la ritualità della notifica delle contestazioni del 19/04/2013 essendosi il lavoratore rifiutato di ricevere le suddette lettere durante l’orario di lavoro presso la sede dell’azienda. Ciò è stato affermato ripetutamente dalla Corte di Cassazione la quale ha chiarito che “Seppure non esista un obbligo od onere generale ed incondizionato di ricevere comunicazioni scritte da chicchessia ed in qualunque situazione, deve tuttavia ritenersi ingiustificato il rifiuto del lavoratore subordinato di ricevere, dal proprio datore di lavoro, o da un suo delegato, comunicazioni, anche formali, sul posto e durante l’orario di lavoro, in considerazione dello stretto vincolo contrattuale che lega le parti. Ne consegue che anche ai sensi dell’art. 1335 c.c., il rifiuto del destinatario di ricevere un atto unilaterale recettizio comporta che la comunicazione debba ritenersi avvenuta in modo corretto, in quanto regolarmente giunta a quello che, al momento, era l’indirizzo dello stesso”, Cassazione civile, sez. lav., 03/11/2008, n. 26390 che richiama anche Cass. 5 novembre 2007 n. 23061 e Cass. 12 novembre 1999 n. 12571).

Alla luce di questa chiara ed univoca giurisprudenza, la contestazione mossa dal Sindacato in fase pre-giudiziale appare semplicemente pretestuosa.

Nella lettera di licenziamento del 07/05/2013 si sono richiamati precedenti violazioni disciplinari e le ultime tre violazioni che denotano scarso attaccamento al lavoro e una crescente insubordinazione.

Si tratta di comportamenti gravi l’ultimo dei quali avrebbe potuto esporre l’azienda a gravissime sanzioni. Ricordiamo ancora una volta che il giorno 08/04/2013 il TIZIO aveva fatto pervenire un certificato medico di infortunio sul lavoro con prognosi dal giorno 5/4/2013 al 12/04/2013, che sarebbe avvenuto il giorno 03/04/2013, ma di tale infortunio egli non aveva avvisato nessuno; lo stesso inoltre aveva regolarmente lavorato quel giorno e nei giorni successivi. Qualora ci fosse stato un controllo e il TIZIO fosse stato trovato al lavoro nonostante il certificato, o peggio qualora lo stesso avesse subito un infortunio, l’azienda avrebbe avuto gravissime ripercussioni.

Va poi osservato che ai sensi del CCNL l’allontanamento dal posto di lavoro è punibile con la multa o la sospensione, ma l’insubordinazione è punita dal successivo art. 76 con il licenziamento.

* * * * * * * * * *

Alla luce di quanto sopra la società ALPHA 90 rassegna le seguenti

III

CONCLUSIONI

Piaccia al Tribunale adito:

a)       Accertare e dichiarare l’inapplicabilità alla presente fattispecie dell’art. 7, commi 6 e 7 dello Statuto dei lavoratori, con conseguente declaratoria di immediata efficacia dei due licenziamenti intimati.

b)       Accertare e dichiarare la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato al sig. TIZIO TIZI in data 27/05/2013.

c)        In via subordinata, accertare e dichiarare la legittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo intimato al sig. TIZIO TIZI in data 07/05/2013.

d)       Con vittoria di spese e compensi.

Il valore della presente causa è indeterminabile.

IV

RICHIESTE ISTRUTTORIE

Pur dichiarando di non voler invertire l’onere della prova, nel caso in cui il lavoratore depositi certificazione medica, si chiede CTU volta ad accertare l’esistenza della malattia e la sua incompatibilità con la prestazione lavorativa.

Si chiede l’interrogatorio formale del sig. TIZIO TIZI sui seguenti capitoli di prova:

  1. Vero che in data 16/06/2010 TIZIO TIZI commetteva un errore sulla lavorazione di un piano per il cliente Fornari Arredamenti?
  2. Vero che con missiva del 20/07/2010 al sig. TIZIO TIZI veniva irrogata una multa per aver effettuato un errore sulla lavorazione di un piano per il cliente Fornari Arredamenti in data 16/06/2010?
  3. Vero che in data 25/06/2010 il sig. BURALU TIZI danneggiava i cavi di corrente attaccati alla macchina fresa?
  4. Vero che con missiva del 22/07/2010 al sig. TIZIO TIZI veniva irrogata una multa per aver danneggiato i cavi di corrente attaccati alla macchina fresa in data 25/06/2010?
  5. Vero che il giorno 30/05/2011 il sig. TIZIO TIZI abbandonava ingiustificatamente il posto di lavoro?
  6. Vero che con missiva del 03/06/2011 al sig. TIZIO TIZI veniva contestato l’abbandono ingiustificato dal lavoro il giorno 30/05/2011?
  7. Vero che in data 5/4/2013, alle ore 17,20 il sig. TIZIO TIZI si è allontanato dal suo posto di lavoro senza alcun giustificato motivo, lasciando incompiuto l’incarico che gli era stato assegnato?
  8. 8.     Vero che in data 17/04/2013, in riferimento alla lavorazione per il cliente S. spa, rif. 1013019489, in Extra White, il sig. TIZIO TIZI violava le disposizioni impartitele dal responsabile di reparto, sig. S. Ali, che gli aveva chiesto di realizzare un particolare listello e che allo stesso aveva risposto che doveva fare il lavoro da solo?
  9. Vero che in data 17/04/2013, in riferimento alla lavorazione per il cliente S. spa, rif. 1013028588, in Otello, il sig. TIZIO TIZI ha allontanato il superiore S. Ali spostandolo con un braccio, non eseguendo le disposizioni impartite?
  10. Vero che il giorno 08/04/2013 il sig. TIZIO TIZI ha fatto pervenire un certificato medico di infortunio sul lavoro con prognosi dal giorno 5/4/2013 al 12/04/2013, che sarebbe avvenuto il giorno 03/04/2013?
  11. Vero  che di tale infortunio non ha informato nessuno e che il sig. TIZIO TIZI ha lavorato quel giorno e i giorni successivi regolarmente? Il capitolo va formulato in positivo: Vero  che di tale infortunio il sig. TIZIO TIZI ha informato prontamente il datore di lavoro ed ha lavorato regolarmente quel giorno e i giorni successivi?
  12. Vero che il giorno 13/05/2013 il sig. TIZIO TIZI si recava presso il luogo di lavoro, affermando che siccome era in malattia l’azienda non l’avrebbe potuto licenziare?
  13. Vero che in quella occasione il sig. TIZIO TIZI consegnò il certificato medico e disse di avere mal di testa?
  14. Vero che quello stesso giorno il sig. TIZIO TIZI era molto adirato?
  15. Vero che il giorno 19/04/2013 la collega di lavoro X. Nicoletta, ha cercato di consegnare al sig. TIZIO TIZI le tre lettere di contestazioni che vengono esibite (doc. 9-10-11), ma lo stesso si è rifiutato di riceverle e di sottoscriverle?
  16. Vero che il giorno 26/04/2013 la collega di lavoro X. Nicoletta, ha cercato di consegnare al sig. TIZIO TIZI la lettera di contestazione che le viene esibita (doc. 13), ma lo stesso si è rifiutato di riceverla e di sottoscriverla?

In caso di esito negativo si chiede prova testimoniale sulle stesse circostanze indicando come testi: X. NICOLETTA, Y. MORENA, Y. ISABELLA, FRANCESCO G., S. ALI, tutti dipendenti e domiciliati presso ALPHA 90 S.R.L., con sede in ……………………

PRODUZIONI

In atti:

1)     Ricorso con procura a margine;

In documenti (in fotocopia):

  1. Comunicazione di assunzione del 16/10/2007.
  2. Lettera di contestazione del 17/10/2008 e lettera di irrogazione del 23/10/2008.
  3. Lettera di contestazione del 21/10/2008 e lettera di irrogazione del 28/10/2008.
  4. Lettera di contestazione del 13/11/2008 e lettera di irrogazione del 20/11/2008.
  5. Lettera di contestazione del 13/11/2008 e lettera di irrogazione del 20/11/2008.
  6. Lettera di contestazione del 22/06/2010 e lettera di irrogazione del 20/07/2010.
  7. Lettera di contestazione del 05/07/2010 e lettera di irrogazione del 22/07/2010.
  8. Lettera di contestazione del 03/06/2011.
  9. Lettera di contestazione del 19/04/2013.
  10. Lettera di contestazione del 19/04/2013.
  11. Lettera di contestazione del 19/04/2013.
  12. Dichiarazione di tentata consegna del 19/04/2013.
  13. Lettera di contestazione del 26/04/2013.
  14. Dichiarazione di tentata consegna del 26/04/2013.
  15. Lettera di licenziamento del 07/05/2013 e ricevuta di ritorno.
  16. Lettera CGIL/ALPHA  90  del 10/05/2013.
  17. Lettera ALPHA 90 del 16/05/2013 con allegati.
  18. Lettera CGIL/ALPHA  90  spedita il 24/05/2013.
  19. Certificato medico del 13/05/2013.
  20. Lettera di contestazione del 15/05/2013 con ricevute di ritorno.
  21. Lettera disposizione ferie del 19/04/2013 e del 26/04/2013.
  22. Lettera CGIL/ALPHA  90  spedita il 24/05/2013.
  23. Lettera ALPHA 90 del 27/05/2013.
  24. Lettera CGIL /ALPHA  90 del 13/06/2013.
  25. Lettera CGIL/DTL del 13/06/2013.
  26. Lettera DTL/ALPHA 90 del 26/06/2013.
  27. Lettera ALPHA 90/DTL trasmessa con pec il 03/07/2013 con ricevuta di accettazione;
  28. Estratto CCNL Lapidei industria (artt. 35-37).

Senigallia, lì 04/07/2013

Avv. Mirco Minardi


[1] Comunicazione di assunzione del 16/10/2007.

[2] Lettera di contestazione del 17/10/2008 e lettera di irrogazione del 23/10/2008.

[3] Lettera di contestazione del 21/10/2008 e lettera di irrogazione del 28/10/2008.

[4] Lettera di contestazione del 13/11/2008 e lettera di irrogazione del 20/11/2008.

[5] Lettera di contestazione del 13/11/2008 e lettera di irrogazione del 20/11/2008.

[6] Lettera di contestazione del 22/06/2010 e lettera di irrogazione del 20/07/2010.

[7] Lettera di contestazione del 05/07/2010 e lettera di irrogazione del 22/07/2010.

[8] Lettera di contestazione del 03/06/2011.

[9] Lettera di contestazione del 19/04/2013.

[10] Lettera di contestazione del 19/04/2013.

[11] Lettera di contestazione del 19/04/2013.

[12] Dichiarazione di tentata consegna del 19/04/2013.

[13] Lettera di contestazione del 26/04/2013.

[14] Dichiarazione di tentata consegna del 26/04/2013.

[15] Lettera di licenziamento del 07/05/2013 e ricevuta di ritorno.

[16] Lettera CGIL del 10/05/2013.

[17] Lettera ALPHA del 16/05/2013.

[18] Lettera CGIL spedita il 24/05/2013.

[19] Certificato medico del 13/05/2013.

[20] Lettera di contestazione del 15/05/2013.

[21] N. 2 lettere disposizione ferie del 19/04/2013 e del 26/04/2013.

[22] Lettera CGIL spedita il 24/05/2013.

[23] Lettera ALPHA 90 del 27/05/2013.

[24] Lettera CGIL del 13/06/2013.

[25] Lettera CGIL del 13/06/2013.

[26] Lettera DPL del 26/06/2013.

[27] Email certificata ALPHA 90 / DPL del 03/07/2013.

[28] Estratto CCNL Lapidei industria.

[29] Lettera raccomandata DPL del 26/06/2013 con busta.

[30]L’art. 7, comma 7, l. 20 maggio 1970 n. 300, nel prescrivere al datore, che abbia inflitto al prestatore di lavoro una sanzione disciplinare, di nominare un proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione ed arbitrato entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, impone al medesimo datore, che intenda declinare la competenza arbitrale e ricorrere al giudice ordinario, di promuovere, entro lo stesso termine di dieci giorni, il tentativo obbligatorio di conciliazione, di cui all’art. 410 c.p.c., comminando una decadenza che viene impedita con la tempestiva consegna della lettera all’ufficio postale, restando irrilevante la data di ricezione della medesima”, Cassazione civile, sez. lav., 08/06/2011, n. 12457.


Share
Avatar photo

Avvocato, blogger, relatore in convegni e seminari. Autore di numerosi articoli apparsi su riviste specializzate cartacee e delle seguenti monografie: Le insidie e i trabocchetti della fase di trattazione del processo civile di cognizione. Manuale di sopravvivenza per l’avvocato, Lexform Editore, 2009; Le trappole nel processo civile, 2010, Giuffrè; L’onere di contestazione nel processo civile, Lexform Editore, 2010; L’appello civile. Vademecum, 2011, Giuffrè; Gli strumenti per contestare la ctu, Giuffrè, 2013; Come affrontare il ricorso per cassazione civile, www.youcanprint.it, 2020.

Anche questi articoli potrebbero interessarti:


3 commenti:

  1. Antonio

    Gentile Collega Minardi stò per affrontare un appello avente ad oggetto il licenziamento orale di un lavoratore precario ed in attesa di essere stabilizzato dall’Azienda Sanitaria.
    Tengo molto ad un Suo parere e se è possibile anche all’indicazione di qualche sentenza della C. di Cass. rilevante per il caso che le sottoporrò e per il quale nei prossimi giorni dovrò affrontare l’appello:
    Accadeva che: L’Azienda Sanitaria di …………. il 23.6.2008, adottava la delibera n°2513, ai fine della stabilizzazione dei dirigenti e del personale precario, istituendo un apposito elenco nel quale ricomprendere il personale di comparto che aveva prestato servizio nei cinque anni (anche non continuativi) precedenti la data del 1° gennaio 2008.
    L’Azienda Sanitaria…., attingeva al suddetto elenco il personale precario fino a fargli raggiungere il requisito dell’anzianità dei 36 mesi richiesti. Infatti, assumeva con contratto a tempo determinato di ventotto mensilità il mio cliente poichè aveva al suo attivo già otto mensilità ed in modo che alla sua scadenza maturato le 36 mensilità lo avrebbero stabilizzato. Senonché, il mio cliente, in forza di tale ultimo contratto, 24 giorni dopo la sua sottoscrizione, veniva licenziato oralmente senza la benché minima motivazione. Il detto licenziamento veniva impugnato e contestato immediatamente oltre a richiedere le motivazioni di tale atto; richieste, però, rimaste inevasi. Il ricorrente produceva n° 4 buste-paga in cui veniva attestato falsamente dalla resistente che il 22.10.2008 il ricorrente si sarebbe dimesso; al contrario non solo questi non si era mai dimesso ma aveva manifestato volontà contraria alle stesse dimissioni. Si precisa, che tali fatti venivano regolarmente allegati nel corpo del ricorso depositato in giudizio e mai contestati specificamente. A seguito della notifica del ricorso, si costituiva in giudizio l’Azienda sanitaria, resistendo alle richieste e rilevando: 1) preliminarmente dichiarare improcedibile il ricorso ai sensi dell’art. 410 c.p.c. perché non è stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione; 2) Nel merito rigettare, per carenza dei requisiti di anzianità di servizio necessari per la stabilizzazione, la domanda del ricorrente; 3) con vittoria di spese e competenze.
    Alla prima udienza di comparizione, il primo Giudice rilevato il difetto del tentativo di conciliazione nei confronti dell’Azienda Sanitaria sospendeva la causa concedendo i termini affinchè venisse esperito anche nei suoi confronti la conciliazione. Il ricorrente assolto tale incombente ed avuto verbale negativo di mancata comparizione dell’Azienda sanitaria dalla Commissione Provinciale di …, riassumeva la causa davanti allo stesso Giudice del lavoro del Tribunale di …………. .Ovviamente, l’Azienda sanitaria, con la propria memoria di costituzione in giudizio non contestava i fatti principali allegati dal ricorrente nel ricorso pertanto questi risultavano pacifici e per il suo effetto il Giudice di prime cure, non ammetteva la prova testimoniale formulata in ricorso dal ricorrente ed accoglieva solo la richiesta di cui all’art. 210 del c.p.c., ordinando all’Azienda sanitaria il deposito del contratto di assunzione tra ricorrente e resistente. Sennonché l’Azienda Sanitaria anziché depositare l’originale di tale contratto, depositava una sua copia fax sottoscritto sia dal ricorrente, sia dal responsabile del personale dott……. ma non dal direttore generale. L’occasione di tale ordine, fù ghiotta per la resistente che anziché depositare quanto ordinatole, depositare anche ulteriore documentazione inammissibile, e già preclusa alle parti e cioè la copia di una dichiarazione fatta da un dipendente della stessa azienda, finalizzata a giustificare la mancata notifica del licenziamento orale. Sin dalla sua produzione il ricorrente dichiarava espressamente di non accettare rispetto alla tardiva, preclusa, inammissibile ed inutilizzabile documentazione, nessun contraddittorio. Poi, la causa anche per motivi di ufficio subiva diversi rinvii e all’udienza del 28.11.2011 il Giudice ordinava nuovamente all’Azienda Sanitaria di depositare l’originale del contratto di assunzione rinviandola all’udienza del 14.5.2012. A tale ultima udienza l’Azienda Sanitaria non depositava l’originale di tale documento ed il Giudice anziché trattenere la causa a sentenza la rinviava per motivi di ufficio all’udienza del 28.5.2012 per la decisione. Successivamente a tale udienza veniva emessa la sentenza la cui motivazione, pari ad una scarsa paginetta, così ha statuito: “…….Nella documentazione allegata agli atti di causa, anche successivamente all’ottemperanza da parte dell’Asp dell’Ordine del contratto, non risulta che le parti abbiano stipulato alcun contratto di lavoro per il periodo oggetto di controversia.
    La comunicazione di assunzione, depositata da parte ricorrente, infatti, è mero atto unilaterale, proveniente peraltro, dal Direttore dell’Ufficio Risorse Umane, ossia da un soggetto non avente alcuna rappresentanza legale dell’amministrazione e non legittimato a stipulare contratti di assunzione (cfr. doc. pag. 28 fascicolo di parte ricorrente).
    Neppure la presunta copia di contratto depositata dall’Asp, poi può avere efficacia probatoria , ove si considera che essa risulta sottoscritta esclusivamente dal ricorrente ed è, al contrario priva di firma del direttore Generale, necessaria ai fini del perfezionamento del negozio giuridico.
    In mancanza di una formale assunzione da parte della Pubblica Amministrazione, l’eventuale continuato svolgimento dell’attività lavorativa da parte del ricorrente nel mese di ottobre 2008 equivale a mero lavoro di fatto………..”.

    In attesa di un Suo cortese riscontro, porgo cordiali saluti.
    Antonio Marchese

  2. Manuela fabbiani

    Stò per ricevere dai miei datori di lavoro la raccomandata di licenziamento a causa di chiusura di un punto vendita. il fatto mi è stato comunicato prima verbalmente.
    i miei datori di lavoro mi dicono che una volta ricevuta la lettera la devo firmare. mi conferma che è obbligatorio firmare? non vorrei perdere i diritti alla disoccupazione e alla mobilità firmando.
    Aspetto al più presto una sua risposta.



Lascia un commento

  • (will not be published)

XHTML: Puoi usare questi tags: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

*